L’ intelligenza emotiva

Negli ultimi anni sempre più spesso si parla di comunicazione emotiva.


I negoziatori, infatti, con i loro sguardi, la loro voce, la loro gestualità, introducono nella trattativa una quantità di messaggi emotivi ben superiore rispetto ai messaggi espliciti, relativi a proposte e contro proposte negoziali.
E’ studiato che il negoziatore, dotato di intelligenza emotiva, che esprime affettività positiva ottiene più concessioni di chi comunica emozioni negative.

Il negoziatore emotivamente intelligente, quindi, dovrebbe impegnarsi a veicolare emozioni positive verso la controparte ed emozioni negative verso le sue richieste più svantaggiose.


Ma che cosa si intende per intelligenza emotiva?


Il concetto d’intelligenza emotiva (IE o EI, dall’inglese Emotional Intelligence) è relativamente recente. La prima definizione risale al 1990 ed è stata proposta dagli psicologi statunitensi Peter Salovey e John D. Mayer. Nonostante ciò, il concetto d’intelligenza emotiva ha iniziato a prendere piede e a divenire “famoso” solo fra il 1995 e il 1996. Ciò in seguito alla pubblicazione del libro “Intelligenza Emotiva: Che cos’è e perché può renderci felici” da parte dell’autore e giornalista scientifico Daniel Goleman.
Lo psicologo di fama mondiale Daniel Goleman la definisce come la capacità di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri e di saper gestire le emozioni in modo efficace. Una qualità più rara di quanto si possa pensare e di difficile valutazione. Infatti secondo un team di studiosi della Yale University viene sovrastimata dall’ 80% delle persone.


La quotidianità è costellata di esperienze emotive: se ne vivono oltre 500 al giorno, ma si è coscienti solo di una piccola frazione.

Tuttavia, esse danno un tono a ogni interazione: questa consapevolezza porta a capire la necessità di esplorare le emozioni nei diversi contesti interpersonali.


Il concetto di intelligenza emotiva non è univoca, ma sono diversi i modelli teorici proposti che ne descrivono significato e caratteristiche. I principali modelli d’intelligenza emotiva attualmente esistenti sono due: quello di Salovey e Mayer e quello di Goleman.

Intelligenza Emotiva secondo Salovey e Mayer:


La concezione d’intelligenza emotiva inizialmente elaborata dagli psicologi Salovey e Mayer la definiva come la capacità di percepire, integrare e regolare le emozioni per facilitare il pensiero e promuovere la crescita personale.
Tuttavia, dopo aver condotto diverse ricerche, tale definizione fu modificata. Venne inclusa la capacità di percepire con precisione le emozioni, di generarle ed infine di comprenderle. Ciò al fine di regolarle in maniera riflessiva con lo scopo di promuovere la propria crescita emotiva e intellettuale.
Più nel dettaglio, secondo il modello di Salovey e Mayer, l’intelligenza emotiva include quattro diverse abilità, tutte strettamente correlate l’una all’altra:

  • Percezione delle emozioni: la percezione delle emozioni è un aspetto fondamentale dell’intelligenza emotiva. In questo caso, è intesa come la capacità di rilevare e decifrare non solo le proprie emozioni, ma anche quelle altrui, sui volti delle persone, nelle immagini (ad esempio, nelle fotografie), nel timbro della voce, ecc.
  • Uso delle emozioni: è inteso come la capacità dell’individuo di sfruttare le emozioni e applicarle ad attività come pensare e risolvere problemi.
  • Comprensione delle emozioni: è la capacità di capire le emozioni e di comprenderne le variazioni e l’evoluzione nel tempo.
  • Gestire le emozioni: consiste nella capacità di regolare le emozioni proprie e altrui, sia positive che negative, gestendole in maniera tale da raggiungere gli obiettivi prefissati.


Intelligenza Emotiva secondo Goleman:


Secondo il modello introdotto da Goleman, l’intelligenza emotiva comprende una serie di capacità e competenze che guidano l’individuo, soprattutto nel campo della leadership.
Nel dettaglio, secondo Goleman, l’intelligenza emotiva è caratterizzata da:

  • Consapevolezza di sé: è intesa come la capacità di riconoscere le proprie emozioni e i propri punti di forza, così come i propri limiti e le proprie debolezze. Comprende, inoltre, la capacità di intuire come queste caratteristiche personali sono in grado di influenzare gli altri.
  • Autoregolazione: descrive la capacità di gestire i propri punti di forza, emozioni e debolezze, adattandoli alle diverse situazioni che possono presentarsi, allo scopo di raggiungere fini e obiettivi.
  • Abilità sociale: consiste nella capacità di gestire le relazioni con le persone allo scopo di “indirizzarle” verso il raggiungimento di un determinato obiettivo.
  • Motivazione: è la capacità di riconoscere i pensieri negativi e di trasformarli in pensieri positivi che siano in grado di motivare sé stessi e gli altri.
  • Empatia: è la capacità di comprendere appieno e addirittura percepire e sentire lo stato d’animo delle altre persone.

Secondo Goleman, a ciascuna delle suddette caratteristiche appartengono diverse competenze emotive, intese come le abilità pratiche dell’individuo necessarie all’instaurazione di relazioni positive con gli altri. Tali competenze, tuttavia, non sono innate, ma possono essere apprese, sviluppate e migliorate al fine di raggiungere prestazioni lavorative e di leadership importanti. Secondo Goleman, ciascun individuo è dotato di un’intelligenza emotiva “generale” fin dalla nascita e il grado di tale intelligenza determina la probabilità – più o meno elevata – di apprendere e sfruttare, in un secondo momento, le competenze emotive di cui sopra.


Indipendentemente dal tipo di modello adottato per descriverne tratti e caratteristiche, la presenza di un elevato grado d’intelligenza emotiva – intesa come la capacità di percepire, riconoscere e gestire correttamente le proprie ed altrui emozioni – dovrebbe apportare, teoricamente, effetti benefici in tutti gli aspetti della vita quotidiana dell’individuo.


Nel dettaglio, coloro che sono dotati di intelligenza emotiva dovrebbero:

  • Avere rapporti sociali migliori;
  • Avere rapporti famigliari e sentimentali migliori;
  • Essere percepiti dagli altri in maniera più positiva rispetto ad individui con scarsa intelligenza emotiva;
  • Essere in grado di instaurare migliori rapporti in ambito lavorativo rispetto a chi non ha, o ha un basso livello, di intelligenza emotiva;
  • Avere una maggior probabilità di comprendere sé stessi e di prendere decisioni corrette basandosi sia sulla logica che sulle emozioni;
  • Avere un rendimento scolastico migliore;
  • Godere di un benessere psicologico maggiore.

Chi presenta un buon livello di intelligenza emotiva, infatti, pare abbia una maggior probabilità di avere soddisfazioni dalla propria vita, di avere un elevato livello di autostima e un minor livello di insicurezza. La presenza di intelligenza emotiva, inoltre, pare che possa essere utile nel prevenire scelte e comportamenti sbagliati, anche inerenti la propria salute (ad esempio, abuso di sostanze psicoattive e dipendenze sia da droghe che da alcol).

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