Ascolto attivo ed empatia

Ascolto attivo: ascoltare l'altro e se stesso

Per iniziare a parlare di comunicazione in contesti di mediazione famigliare è opportuno analizzare prima il concetto di ascolto attivo ed empatia. Elementi fondamentali per un mediatore, in quanto gli consentono di dare il via ad un iter finalizzato a stimolare sempre più la comunicazione tra la coppia.

Empatia: Capacità di vedere e sentire il mondo con gli occhi dell’altro, mantenendo la consapevolezza della propria identità.

Ascolto attivo: Capacità di saper ascoltare gli altri con un elevato grado di partecipazione comunicativa ed accoglienza.

Essere empatici nella definizione del filosofo Rovatti significa: ABITARE LA DISTANZA ovvero essere abbastanza vicino da poterti toccare e abbastanza lontano da poterti vedere.

Ascoltare empaticamente l’altro al fine di comprenderlo è il primo passo che conduce ad una buona relazione con l’altro e ad una gestione del suo disagio. Non vi può essere un buon livello di ascolto esterno senza essere preceduto da un buon ascolto interno di noi stessi. Per questo potremmo iniziare questa parte chiudendo gli occhi ed ascoltando empaticamente noi stessi. “Chiudi gli occhi e porta l’attenzione al respiro. Accogli senza giudizio tutto ciò che arriva: sensazioni del corpo, emozioni, pensieri, immagini mentali. Osserva, senti ascolta e lascia andare senza giudizio. Noi non siamo le nostre sensazioni, le nostre emozioni o i nostri pensieri. Non identificarti con una parte ma prendi contatto con il tutto. I pensieri sono come nuvole: una nuvola arriva, si sviluppa, finisce poi ne inizia un’altra ma tra una nuvola e l’altra puoi cogliere ciò che sei, il tutto, lo spazio di cielo, di silenzio, puoi ampliare tale spazio ed ascoltare ad un altro livello”. Tornando all’ ascolto esterno di chi ha un disagio, per comprendere l’altro è necessario:
Una buona recezione di ciò che l’altro sta dicendo. Questo significa direzionare tutta la nostra attenzione (logica ed emotiva) sull’ altro mantenendosi in una dimensione neutrale, di assenza di giudizio e direttività. Diventiamo sfondo mentre l’altro è il centro. Capire cosa l’altro vuole veramente dire ovvero non dare per scontato che i nostri interlocutori usino i nostri stessi codici (stesso valore alle parole, provino le nostre stesse emozioni, abbiano i nostri stessi obiettivi, speranze, paure ovvero condividano la nostra stessa visione del mondo).

Bisogna tenere sempre presente che, come afferma A. Melucci (1994):

“Il riconoscimento della differenza è la ragione e il fondamento della comunicazione. Se non ci si riconosce come diversi non c’è bisogno di comunicare e non si comincia neppure a farlo. Si comunica, invece quando si cerca di mettere insieme e di rendere trasparenti le proprie differenze”.

Appare dunque importante porci delle domande tipo: “Questo cosa significa per lui?” “Cosa vuole veramente?”, “Ho davvero capito ciò che lui voleva dirmi?”, “Quanto e cosa ha capito di quello che io volevo dirgli?”, “Come posso rendere più chiara ed efficace la comunicazione?”. Dare delle risposte verbali e non verbali che agevolino la conversazione, che abbiano la funzione di raccolta e verifica del feedback in modo da aumentare la certezza di essere stati compresi e di aver a nostra volta compreso correttamente quanto comunicato dall’ altro (es: chiedere all’ altro cosa ha capito o riassumere -riformulare- con parole nostre quanto comunicato dall’ altro e riproporglielo per avere conferma di quello che abbiamo capito). Essere consapevole dell’effetto che ciò che l’altro dice ha su di me: tornare ogni tanto a me per comprendere se mi sto identificando o se mi sto distaccando dall’ altro. Essere consapevole della relazione. Cosa sta succedendo tra di noi? Ci sono attriti? Incomprensioni? Com’è il nostro modo di stare assieme?

Quali sono le attitudini fondamentali di chi ascolta?

  1. Accoglienza: “Saper ospitare l’altro”
  2. Guardare al vissuto: “Cosa sta vivendo?” “Cosa sente?”
  3. Guardare alla persona: “L’altro è importante in quanto essere umano!”
  4. Rispetto per la persona: “Saper considerare ed accettare”
  5. Favorire la comunicazione: “Saper stare in relazione”
  6. Consapevolezza: “La capacità di ascolto è proporzionale alla consapevolezza dell’ascoltatore”.

E come si fa ad usare la tecnica dell’ascolto attivo?

  1. Manifestazioni di interesse: Contatto visivo, Linguaggio del corpo, Non interrompere, Non distrarsi.
  2. Richiesta di informazioni: Invito ad iniziare (Dimmi…Raccontami…), Incoraggiamenti a continuare (Capisco…Davvero?), Domande aperte e non difficili (Cosa vuoi dire? Mi puoi spiegare meglio? Ti va di parlarne? ;), Invito ad approfondire (Dimmi… Raccontami…)
  3. Espressione di intesa: Parafrasare il contenuto (Se ho capito, mi stai dicendo…; Vuoi dire che…; Dal tuo punto di vista…;), Riflettere le emozioni (Ho l’impressione che…; Mi sembra che lei provi…; Ti senti…;), Riassumere o riformulare (Se ho ben capito, quando… tu ti senti…; Mi sembra che tu ti senta… perché…).

Tutto quello che abbiamo sin ora detto è il tipico ascolto attivo e partecipativo che, grazie ad una componente empatica, il mediatore mette in atto con i propri clienti. Tant’è vero che come detto poc’anzi uno degli strumenti che il mediatore utilizza più spesso è proprio quello della riformulazione.

La riformulazione -tipologia di ascolto attivo

La riformulazione è un tipo di risposta il cui messaggio implicito è: “ti ho capito, sono disposto ad ascoltarti prosegui…”. Essa rimanda all’ altro un feedback che gli fa capire che lo abbiamo compreso e lo invita a continuare a parlare. Questo tipo di risposta è dunque indispensabile allo scopo di affinare l’arte dell’ascolto sia nel caso in cui il disagio dell’altro sia di tipo personale, non causato da qualche nostro comportamento (es: incontro un amico che mi racconta di essere stato lasciato dalla fidanzata), sia nel caso in cui il suo malessere sia dovuto ad un nostro comportamento (es: avevamo un appuntamento ed io sono arrivato tardi). In particolare, tale risposta, permettendo all’ altro di approfondire i motivi del disagio, risulta efficace anche al fine di gestire una reazione di rabbia nei nostri confronti. La riformulazione è anzitutto una risposta empatica. Senza un livello di empatia e di sintonia con sé e l’altro ogni tecnica perde la propria efficacia e forse anche la sua ragion d’ essere. L’ aspetto principale della riformulazione rimane dunque il messaggio non verbale che invio all’ altro. In genere nello atteggiamento corporeo di ascolto il mio corpo è rivolto verso l’altro, la mia postura ed il tono di voce e la velocità del mio parlare tendono a ricalcare (riflettere, rispecchiare) quelle dell’altro. Assumere il più possibile il suo modo di essere permette di ascoltare chi ho di fronte con tutto me stesso (corpo e mente), di mettermi nei suoi panni, sentire cosa sente pur mantenendo la consapevolezza della mia e della sua identità. Quanto sta provando è suo e non mio. Lo spazio verbale della riformulazione si centra sul riassumere con il minor numero di parole possibile il contenuto ed il vissuto dell’altro. Solitamente una buona riformulazione inizia con una frase che lascia aperta la via a qualsiasi risposta da parte dell’interlocutore tipo:

“Se ho ben capito…”, “Mi pare di capire…” “Ho l’impressione che…” “Ho la fantasia che…” oppure a fine frase: “…mi sbaglio?” “…ho compreso bene?” “…è così?”

Nell’ottica dell’empatia l’ascolto efficace, altro strumento tipico del mediatore, si arricchisce di una nuova qualità, diventa empatico, si trasforma cioè in un ascolto aperto e ricettivo, che permette al mediatore di assorbire meglio ciò che sta ascoltando, cogliendo le parole al di là delle parole stesse. Il mediatore diventa esso stesso uno strumento per le parti, riformula ciò che ha sentito con altre parole, più leggere, più chiare, rendendo il pensiero espresso dall’ uno di più facile ascolto e comprensione per l’altro. È necessario che le riformulazioni del mediatore non siano semplici parafrasi o riassunti di ciò che i clienti hanno espresso ma riflettano la loro prospettiva, al fine di condurli verso un dialogo mutualmente empatico in cui entrambi possano affinare la comprensione dell’altro e sviluppare una comunicazione condivisa. Il mediatore esercita il suo ruolo di terzo neutrale e imparziale, tenendo sempre a mente la condizione del come se e non perdendo mai la propria identità.

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